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Il Disturbo Post Traumatico da Stress: l’importanza della narrazione

Che cos’è un trauma?

Un evento grave, come un incidente automobilistico, può rappresentare un trauma per una persona ma non per un’altra. Questo perché non è l’evento in sé ad essere traumatico, ma è la nostra reazione ad esso a renderlo traumatizzante. L’esito dipende dalle risorse che ognuno di noi può mettere in campo per riuscire a fronteggiarlo, come:

  • specifiche competenze personali (riuscire a parlarne, mantenere un’attitudine positiva vs evitare l’argomento e provare sfiducia nei confronto del mondo),
  • risorse esterne a noi (ad esempio avere una famiglia capace di supportarci),
  • aver già vissuto eventi traumatici.

Un grave disturbo che si sviluppa a seguito di eventi traumatici è il Disturbo Post-Traumatico da Stress.

 

Che cos’è il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD)?

Secondo la quinta edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5), per fare una diagnosi di PTSD è necessario che una persona sia stata esposta a eventi traumatici e abbia in seguito sviluppato specifici sintomi.

Gli eventi traumatici devono riguardare: morte reale, minaccia di morte, grave lesione o violenza sessuale. Una persona si considera esposta a essi non solo se ne fa esperienza diretta, ma anche se assiste in prima persona a eventi che riguardano gli altri, se viene a conoscenza che un proprio membro familiare o amico stretto sia incorso in uno di questi eventi o se a causa del proprio lavoro fa esperienza diretta di dettagli crudi di eventi traumatici (ES: soccorritori, agenti di polizia).

Per quanto riguarda i sintomi che causano sofferenza alla persona esposta essi devono comprendere:

  1. Sintomi intrusivi: ricorrenti ricordi involontari e sogni che riguardano l’evento accaduto, sensazione che l’evento spiacevole si stia ripresentando, sofferenza psicologica o reazioni fisiologiche (ES: sudorazione, battito cardiaco accelerato) scatenate da elementi che in qualche modo ricordano o simboleggiano l’evento traumatico vissuto.
  2. Strategie di evitamento persistente a stimoli associati all’evento traumatico: tentativi di evitare pensieri o ricordi associati all’evento o tentativi di evitare fattori esterni che ricordano l’evento (persone a esso connesse, luoghi, conversazioni, attività, oggetti, situazioni).
  3. Alterazioni negative di pensieri o emozioni associati all’evento:
  • incapacità di ricordare aspetti importanti dell’evento,
  • convinzioni o aspettative negative verso se stesso, gli altri o il mondo,
  • senso di colpa ingiustificato rispetto a cosa avrei potuto fare,
  • persistente stato emotivo negativo (sentire vergogna, paura, rabbia),
  • diminuzione di interesse nelle attività,
  • sentimenti di distacco verso gli altri,
  • incapacità di provare emozioni positive (felicità, soddisfazione, sentimenti di amore).
  1. Marcate alterazioni di reattività: comportamento irritabile o esplosioni di rabbia, comportamento spericolato o autodistruttivo, ipervigilanza (sussultare per stimoli di poca entità), esagerate risposte di allarme, problemi di concentrazione, difficoltà riguardanti il sonno.

 

Per diagnosticare PTSD questi sintomi devono essere presenti per più di un mese.

 

 

Il ricordo traumatico

Una particolarità del trauma, come si può intuire dai sintomi appena descritti, è il suo rapporto con la memoria. Alcuni frammenti del ricordo traumatico giungono alla memoria in modo scomposto e intrusivo, ad esempio sottoforma di flashback o in incubi notturni. Quando questo accade la persona può vedere, sentire o percepire gli elementi sensoriali dell’esperienza traumatica e può non riuscire a tradurre a parole l’esperienza che sta provando.

 

“Lo stridere delle lamiere della macchina”

“L’odore del sangue”

“Il calore del fuoco che divampa”

“Vedere il corpo mutilato”

 

Quello che invece risulta difficile, per la persona che ha subito un evento traumatico, è raccontare quanto è avvenuto, in modo dettagliato e cronologico. La narrazione sarà tendenzialmente frammentata, disorganizzata e incoerente. Da una parte avremo dunque delle reminescenze dell’evento molto vivide, dall’altra  una narrazione di quanto avvenuto molto confusa. Questo avviene perché gli eventi traumatici sono immagazzinati in memoria in modo differente dagli eventi quotidiani.

 

Meomoria calda e meoria fredda

La memoria calda contiene i ricordi percettivi e sensoriali, e la memoria fredda contiene invece i ricordi autobiografici e contestuali (collocazione temporale e spaziale). In chi soffre di disturbi traumatici, queste due memorie non comunicano correttamente tra loro, mancano cioè di connessione. La ragione di questa mancata integrazione delle due memorie va ricercata nelle loro specifiche basi neurobiologiche. Semplificando, la memoria calda è elaborata da una struttura cerebrale di nome amigdala, mentre la memoria fredda da ippocampo e corteccia prefrontale. Quello che in studi di neuroimaging si è osservato è che le persone che presentano un disturbo post-traumatico da stress mostrano un’iperattivazione dell’amigdala e un’ipoattivazione dell’ippocampo. Questo potrebbe spiegare perché le memorie sensoriali – percettive dell’evento traumatico siano così intrusive mentre la memoria biografica e contestuale sia difficile da richiamare.

 

 

La narrazione come integrazione delle due memorie

La Terapia dell’Esposizione Narrativa (NET- Narrative Exposure Therapy) è un trattamento a breve termine per il disturbo post-traumatico da stress. Si basa sul principio secondo cui parlare dei ricordi che fanno paura in un contesto sicuro,  aiuta a integrare memoria calda e memoria fredda in una narrazione coerente. Questo permette un miglioramento della sintomatologia e diminuisce il loro impatto negativo, confusivo e terrificante.

 

“Quando iniziò la propria testimonianza, tutto prese la propria forma, perché il potere della testimonianza fa tacere tutte le differenze. Ciascuno nella stanza fu trasportato in un altro tempo e in un altro spazio, in un setting che stava aspettando intaccato e immobile da molti anni, dietro una porta chiusa a chiave. Nessuno, compresi i testimoni stessi, sapeva in anticipo cosa contenessero le testimonianze; esperienze e riflessioni uscirono fuori da recessi di memoria che i testimoni non sapevano nemmeno di avere.”
Dori Laub, Fortunoff Video Archive for Holocaust Testimonies at Yale University

 

Inoltre in  alcune specifiche situazioni la raccolta della testimonianza di quanto subito acquisisce un’importanza fondamentale. Si pensi ai processi o alle Commissioni per il riconoscimento della Protezione Internazionale in cui la coerenza del racconto è ritenuta un indice di veridicità di quanto si sta affermando.  Come abbiamo visto un racconto confuso potrebbe invece essere effetto di un trauma. In queste situazioni, l’utilizzo della NET per rielaborare il trauma potrebbe fare la differenza.

 

Film consigliati
  • Birdy – Le ali della libertà (1984)
  • Il cacciatore (1978)

 

 

Bibliografia

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (DSM-5®). American Psychiatric Pub. Scheda libro QUI

Gwozdziewycz, N., & Mehl-Madrona, L. (2013). Meta-analysis of the use of narrative exposure therapy for the effects of trauma among refugee populations. The Permanente Journal, 17(1), 70. Vedi QUI

Schaal, S., Elbert, T., & Neuner, F. (2009). Narrative exposure therapy versus interpersonal psychotherapy. Psychotherapy and psychosomatics, 78(5), 298-306. Vedi QUI

Schauer, M., Schauer, M., Neuner, F., & Elbert, T. (2011). Narrative exposure therapy: A short-term treatment for traumatic stress disorders. Hogrefe Publishing. Scheda libro QUI

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Giovanna Minniti

Psicologa e Psicoanalista relazionale in formazione presso la scuola SIPRe di Milano. Mi occupo di: counseling, supporto psicologico, percorsi terapeutici. Sono inoltre formata nell'utilizzo della NET (Narrative ExposureTherapy): una tecnica a breve termine per il trattamento di Disturbi da Stress Traumatico. Ricevo su appuntamento in via Carlo Botta 25, Milano (fermata metro Porta Romana). Valuto la possibilità di svolgere colloqui via Skype per chi vive o lavora all'estero. Per informazioni scrivetemi a: minniti.psi@gmail.com
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